ALLEVARE CANARINI

 


È probabile che questo desiderio ti sia venuto per l’emozione di aver visto il comportamento riproduttivo dei canarini nel piccolo o grande allevamento di un tuo conoscente o parente. I tanti nidiacei di tutte le età accuditi con sorprendente solerzia dalla coppia, di qualunque Razza si tratti, ti ha sollecitato ad entrare da protagonista nel mondo dell’ornicoltura amatoriale.

O, forse, hai avuto la fortuna di vedere riprodursi con altrettanta solerzia la coppietta che tieni alloggiata in qualche angolo della tua casa…e da qui a volere ampliare la “produzione”, con la prospettiva di iscriversi ad una associazione ornitologica per poi esporre i tuoi nuovi nati in una mostra, il passo non è poi tanto lungo. Comunque, quale che sia stato il motivo, auguri, …però…

Però, attenzione agli entusiasmi iniziali. L’allevamento degli uccelli da gabbia non è un semplice passatempo, un hobby, come si dice oggi, è una passione che inconsapevolmente uno ha già dentro di sé e che si manifesta appieno appena le circostanze sono favorevoli, a questa “ presa di coscienza”.

Allora sarà bene riflettere su alcune realtà, prima di affrontare l’avventura.

In questa nostra esposizione facciamo riferimento ad un allevamento comprendente un certo numero di gabbie. La gabbietta da tenere in cucina o sul terrazzo, non rientra nelle nostre argomentazioni. Comunque, anche se si tratta di una sola gabbietta, tieni presente che, se desideri favorire la riproduzione dei due occupanti, devi tenerla sempre nello stesso posto, magari schermandola con della plastica, se all’esterno le condizioni meteorologiche rischiano di essere avverse. Se non puoi fare a meno, per esempio la sera, di spostarla dal terrazzo alla cucina, e viceversa al mattino, allora sarà bene racchiuderla da ogni lato, salvo che sul davanti, con una protezione in plastica che faccia passare la luce, ma non le immagini; in tal modo gli occupanti vedono un ambiente diverso solo dalla parte anteriore ed è meno probabile che si “sdegnino”. In qualunque parte siano, quando è buio e sei costretto ad accendere la luce, prima di spengerla accerta che la femmina sia rimasta nel nido, o ci sia ritornata. Naturalmente, se hai uno dei tanti apparecchi cosiddetti “temporizzatori” che permettono di regolare l’aumento (alba) e la diminuzione (tramonto) dell’illuminazione del locale, puoi fare a meno di tale accorgimento. A questo proposito un consiglio: usa lampade cosiddette “true light” che sostituiscono quasi completamente la luce solare.

Ma occupiamoci dell’allevamento comprendente, almeno sul principio, un certo sia pur modico numero di gabbie. Ed ecco le domande che noi ti consigliamo di porti…

 

 

UNA OPPORTUNA RIFLESSIONE

 

 

Hai un minimo di locale adatto (garage sufficientemente luminoso, terrazzo, una stanzetta poco utilizzata con finestra, ecc.) che non interferisca negativamente con il menage familiare? Ricorda che il canto dei canarini ha una notevole sonorità; e anche un minimo di odore, combinato fra deiezioni e certi pastoncini, lo si può avvertire già da quando si entra in casa, e questo non è piacevole, specie per i non interessati.

 

Se hai una tua famiglia, tua moglie (o tuo marito) condivide, o, almeno, sopporta senza remore che tu ti dedichi a questo “hobby”, oppure lo considera una perdita di tempo, o peggio ancora, lo vede a tuo discredito?

Tu certamente sai che certi “confronti” non sono mai piacevoli e possono essere motivo di dissapori…se poi c’è di mezzo la suocera…

 

Durante le vacanze estive, o in qualunque periodo di assenza per un viaggio, o simili, il tuo allevamento può essere gestito per il meglio da altri? Gli estranei saranno in grado di accudire con competenza le eventuali coppie che hanno ancora i piccoli, così come spesso avviene nel mese di luglio e qualche volta anche nei primi giorni di agosto? Comunque hai una persona di cui fidarti pienamente?

A questo proposito, fra le varie soluzioni che ciascuno può “escogitare”, ce n’è una ripetutamente sperimentata con successo e sulla quale puoi fare pieno affidamento. Si tratta di questo.

Se al mare o in montagna ove trascorri le tue vacanze estive puoi disporre di una stanzetta con sufficiente illuminazione, puoi far proseguire lì l’allevamento di qualche coppia che abbia ancora i piccoli nel nido. Metti le gabbie così come stanno nel bagagliaio dell’auto,  le ricopri con un telo bianco e le trasferisci nella nuova sede, posizionandole, se possibile, in modo che la luce arrivi alla gabbia dalla stessa direzione. Tutto il trambusto del viaggio e il differente clima non impediranno che le coppie continuino ad allevare nel migliore dei modi…fra lo stupore  generale. Nella nuova residenza è anche probabile che tu abbia a disposizione salubri piante difficilmente reperibili in città, come i capolini di Tarassaco (Taraxacum officinalis) e le spighe di Piantaggine (Plantago major); entrambe graditissime da tutti gli uccelli granivori.

 

Valutato, o minimizzato ogni pessimistico eventuale impedimento, hai deciso di diventare allevatore di canarini. Benissimo, allora occorrono le gabbie, le “suppellettili”, cioè le piccole attrezzature, i mangimi, naturalmente i canarini e …l’esperienza.

 

 

LE ATTREZZATURE

 

 

Le gabbie migliori sono quelle di circa 60 cm di lunghezza con due sportelli anteriori e due laterali, 4 mangiatoie e il divisorio mobile. In alternativa volierette di circa un metro, le quali, con un divisorio non trasparente, possono contenere due coppie di riproduttori, oppure con il normale divisorio separare maschio e novelli dalla femmina che resta nell’altra metà a covare indisturbata. Queste ultime, senza divisorio, serviranno per ospitare una decina di soggetti novelli o adulti. Se si tratta di novelli è meglio metterne prima cinque per parte utilizzando il divisorio, e solo dopo una decina di giorni riunirli; in tal modo si evita il rischio di stress (pancine arrossate!)  dovuto al cambiamento di ambiente e ai voli più lunghi di quelli che erano abituati a fare nelle singole gabbie fino a quel momento.

I beverini sceglili fra quelli senza angolature, cioè cilindrici, in modo che siano facili da lavare, e della capacità di 100 ml (c.c.); ciò faciliterà i dosaggi percentuali degli eventuali medicamenti.

I nidi di vimini, con porta-nidi fatti in casa con filo di ferro, sono i più consigliabili, ma ne esistono anche tipologie differenti.

 

 

LA SCELTA DELLE RAZZE

 

 

Adesso i canarini. Quali Razze scegliere? La scelta è vastissima, ma inizialmente è meglio cimentarsi con quelle più “facili” ed anche fra queste non c’è che l’imbarazzo della scelta. Fra i Canarini di Colore ( i vecchi “Sassoni”) è meglio cominciare con i cosiddetti “Vecchi Tipi” (verdi, bruni, agata, isabella), o anche coi Lipocromici: gialli e bianchi; i rossi richiedono la colorazione artificiale, non sempre facile da ottenere correttamente. Fra i Canarini di Forma e Posizione Lisci (detti anche “Inglesi”) si evitino le Razze giganti le quali spesso richiedono l’uso delle  “balie”  (canarini rustici e con elevata attitudine all’allevamento). Fra gli Arricciati si cominci con l’Arricciato del Nord o il Fiorino, al più con l’Arricciato del Sud. Con i Canarini da Canto c’è una sola soluzione: rivolgersi ad un unico allevatore di fiducia in modo da cominciare con un solo “indirizzo di canto”.

Iniziando con Razze “difficili” potrebbe succedere che la delusione degli iniziali insuccessi ti induca ad abbandonare l’ornicoltura.

 

 

CON QUANTE COPPIE INIZIARE?

 

 

Inizia con una sola Razza e con poche coppie. Se, disponendo di vasto e adatto locale, hai intenzione di crearti in futuro un allevamento “importante”, formato da molte coppie ed eventualmente da più di una Razza, già dalla gestione delle poche coppie iniziali imparerai molte nozioni che ti saranno preziose in seguito, soprattutto quando accadranno eventi imprevisti e di difficile valutazione.

Ti facciamo un esempio. Se in un buon locale con quattro brave coppie hai ottenuto al primo anno una trentina di novelli (ciò che è possibilissimo) e pensi di conseguenza che con otto coppie ne otterrai il doppio,  e con sedici il quadruplo, ti accorgerai che questa previsione è sbagliata, perché, quanto più numerose sono le coppie in uno stesso locale, tanto minore è la proporzione dei successi numerici.

Fra le varie ragioni, alcune delle quali facilmente intuibili, la principale è l’affollamento che altera il normale equilibrio dei cicli riproduttivi, a causa del canto dei numerosi maschi.  Quest’ultimo eccita e distoglie le femmine dalle corrette cure parentali e più ancora distoglie i maschi che, interpretandolo come una ingerenza competitiva nel loro “territorio”, controbattono con altrettanti canti.  Tutto ciò accade anche se fra gabbia e gabbia ci sono gli indispensabili divisori che impediscono alle coppie di vedersi fra loro, ma, chiaramente, non di udire il canto degli altri. Questa realtà può indirizzarti verso la scelta di un locale, piuttosto che di un altro di differente dimensione.

 

 

L’ACQUISTO DEI RIPRODUTTORI

 

 

Naturalmente l’inizio comprende l’acquisto dei primi canarini, sempreché non ci sia qualcuno che te ne faccia omaggio; ma in genere agli animali regalati si dà meno importanza e, come si sa, “a caval donato non si guarda in bocca”.

Ci sono delle uccellerie gestite da persone competenti (almeno per la conoscenza di alcune Razze) le quali, essendo anche allevatori, possono guidarti nella scelta dei migliori soggetti che hanno disponibili. In questo caso “ci si può fidare”; poi, l’anno successivo, si vedrà. Altrimenti una buona soluzione è quella di fare l’acquisto in una delle numerose mostra ornitologiche ove si possono leggere i pregi di ciascun soggetto esposto, così come riportati sulle schede di giudizio. Tieni presente che i migliori “ceppi”, di qualsiasi Razza, sono quelli degli allevatori che espongono numerosi stamm ad alto punteggio. Il singolo che riceve un alto punteggio, talvolta è l’eccezione di un allevamento mediocre. Da coloro che espongono stamm puoi acquistare anche nella cosiddetta “mostra scambio”, cioè nel reparto ove i soggetti sono esposti per la vendita immediata, mentre per l’eventuale acquisto di quelli in mostra bisogna aspettare il cosiddetto “sgabbio” che in genere avviene verso il tardo pomeriggio della domenica.

Infine l’acquisto più qualificato: quello che avviene nell’allevamento del suddetto espositore; e in questo caso vale veramente la pena di percorrere un po’ di chilometri. Questo allevatore, soprattutto se tu abiti fuori della sua Regione (e sarà pertanto meno probabile che tu diventi un suo concorrente) sarà certamente disposto a cederti dei soggetti di prim’ordine, illustrandone i pregi e, magari, onestamente anche qualche veniale difetto. In questa circostanza accetta di buon grado la cifra che ti chiederà, poiché ti sta cedendo degli esemplari che si sono giovati di una lunga selezione, selezione che ha già fatto lui per te, che in questo momento stai “sfruttando” il suo lavoro di anni. Ricorda: inizia con poche coppie, ma buone, ove possibile cerca le migliori che si possono trovare in Italia. “Chi ben comincia è alla metà dell’opera”.

Qualunque sia il tipo di acquisto fra quelli che ti abbiamo illustrato, soprattutto se questo è avvenuto in uccelleria o in “mostra scambio”,  prenditi le opportune precauzioni. Accèrtati che il respiro sia regolare cioè che non sia “fischiato”. Guarda, soffiandoci sopra, lo stato dell’addome che non deve essere gonfio o arrossato, ma chiaro e ben “tirato”. Le deiezioni devono avere una certa consistenza e presentare una parte scura (le feci) ed una biancastra (l’urina). Se vedi che le deiezioni sono liquide non fare acquisti. Controlla anche, prima di concludere, che il petto sia ben pieno e che non ci siano i cosiddetti “pidocchi pollini” (animaletti biancastri lunghi un millimetro o poco più). Li puoi individuare più facilmente all’ascella dell’ala nella parte non coperta dalle piume. Se questi parassiti sono molto numerosi te ne ritroverai qualcuno anche sulle mani. Non sono particolarmente pericolosi, perché si nutrono delle desquamazioni della pelle e delle penne (forfora) e delle penne stesse, inoltre sono facilmente eliminabili con i comuni antiparassitari. Però sono sintomo di trascuratezza da parte del proprietario, ciò che può far supporre che vi siano anche i cosiddetti “acari rossi” ben più pericolosi, che stanno sul canarino solo la notte per succhiargli il sangue; ma qualcuno può fare eccezione e basta una femmina “incinta” per creare seri problemi in allevamento, perché una volta che si sono moltiplicati e nascosti di giorno nei più impensati pertugi non è per niente facile eliminarli del tutto. Un facile espediente per rilevarne la presenza è quello di battere di testa i posatoi cavi di plastica su un piano bianco (un piatto, per esempio); se ci sono, qualcuno o molti cadranno sul piatto ed in questo caso è meglio non farne di nulla, oppure prepararsi ad usare gli opportuni presidi veterinari (Ivomec, Oramec, Frontline, ecc.).

Un altro accorgimento ancora. E’ noto che, come in molti altri animali, il Canarino maschio ha maggiori dimensioni della femmina. Ebbene, nelle Razze nelle quali la minor lunghezza è un pregio previsto dallo standard (Gloster, Fiorino, Gibber, ecc.), se un esemplare un po’ “lunghino” è maschio, il male è minore che se è femmina; perciò vedi di accertare il sesso.

E un altro ancora. Naturalmente l’esemplare deve avere l’anellino alla zampina; ciò ti permetterà di conoscere l’anno di nascita. In genere si preferisce acquistare soggetti nati nell’ultima stagione riproduttiva (novelli) per stare alla sorte sulla loro rusticità (intesa come attitudine all’allevamento); ma se ti vengono proposti esemplari di due o tre anni, può accadere che l’allevatore-venditore si voglia disfare di un soggetto di due anni perché si è mal comportato nella precedente riproduzione, mentre è più facile che si sia tenuto un bravo soggetto di tre anni che si è ben comportato e che voglia disfarsene per “svecchiare”, come si usa dire. Comunque chiedi e spera in bene.

Non ti abbiamo parlato di eventuali acquisti per corrispondenza e successiva spedizione, perché del tutto da scartare per tante ragioni che non vale la pena neppure di ricordare.

Infine, prendi nota del tipo di alimentazione seguita dal venditore, in modo che anche presso di te, almeno per un periodo iniziale, sia la stessa. Chiedi anche a quali condizioni di temperatura o altro i soggetti erano abituati.

 

   

COME EVITARE I RISCHI PIÙ FREQUENTI PER LE MANI “INESPERTE”?

 

 

A questo punto comincia un altro problema: l’afferramento dei “pennuti” per toglierli e metterli dai o nei contenitori (scatole, gabbiette, gabbie, voliere). Afferrare un canarino per toglierlo dalla gabbia comporta dei rischi?

Il canarino non vede in penombra, tantopiù se oscuriamo la stanza all’improvviso. Perciò, quando è possibile, occorrerebbe abbuiare la stanza di quel tanto che ci permetta di vedere o intravedere il canarino in  modo da afferrarlo senza farlo svolazzare o dibattere col rischio di procurargli qualche lesione. Naturalmente dovrà essere afferrato in modo che la testa sporga dal pollice e dall’indice della mano che tiene saldo l’esemplare.

Se dobbiamo lavargli le dita faremo uscire, tenendole strette, le zampe fra le seconde falangi del dito medio e anulare.

Se dobbiamo lavare la coda, la stringeremo alla base in modo da non rischiare di strappare qualche timoniera (penna della coda) durante le manovre più opportune, naturalmente operando con l’altra mano.

Se si vuole raddrizzare una o più timoniere in qualche modo piegate, si agisce nel modo seguente. Si portino ad ebollizione in un tegamino due o tre dita d’acqua, si tolga il tegamino dal fuoco e si immerga la coda nell’acqua bollente per un paio di secondi, indi, delicatamente, prima con le dita, poi con della carta assorbente, come quella da cucina opportunamente piegata, si strusci due o tre volte verso l’estremità distale e si rimetta il canarino nella gabbia che abbia fondo e posatoi ben puliti. Il successo è sicuro….. ma  attenzione alle scottature….. Se vogliamo togliere qualche timoniera rotta, si preme con il pollice e l’indice l’estremità del codione e si strappa uno per uno ogni moncherino; tempo di ricrescita 40-50 giorni.

Se il becco, cioè la mandibola superiore, di un vecchio esemplare si è allungato eccessivamente, lo si scorcia di quel tanto che rimanga appena appena più lungo della mandibola inferiore. Usando un comune tagliaunghie non c’è alcun rischio.

Se vogliamo scorciare le unghie, soprattutto il pollice, troppo cresciute, si tengono le zampine come detto per il lavaggio delle dita e con un tagliaunghie le si accorciano facendo la massima attenzione a rimanere qualche millimetro lontani dal midollo, che si distingue chiaramente per il suo colore rosso che traspare. Se a causa di qualche manovra maldestra dovesse uscire del sangue si strizzi con delle pinze l’estremità del moncone e lo si umetti con tintura di iodio. Se la cosa è più seria occorre legare il dito e slegarlo dopo una decina di minuti al massimo.

Purtroppo, talvolta, o perché l’esemplare rimane con una zampina impigliata in qualche struttura della gabbia, o in conseguenza di un nostro maldestro tentativo di afferrarlo (al buio non succede!), si verifica la distorsione o la frattura di un’ala, o la frattura di una zampina.

Se la distorsione dell’ala avviene durante l’afferramento, ce ne rendiamo conto perché si ode un piccolo “tic” e l’uccellino, con l’ala tenuta un po’ abbassata, non è più capace di volare. Si aggiungano uno o più posatoi in modo che l’esemplare possa saltellare dall’uno all’altro senza dover volare e con mangiatoia e beverino a portata di becco. Lo si lascia tranquillo per una quindicina di giorni, quindi, togliendo i posatoi centrali si accerta se il volo normale è ripristinato, altrimenti si insiste per qualche giorno ancora. Se l’ala è fratturata, la si lega all’altra all’estremità e si agisce nello stesso modo, ma la guarigione è un po’ più lunga.

Per quanto riguarda le fratture degli arti inferiori c’è da dire che il Canarino ha una sorprendente disposizione alla guarigione spontanea. Pertanto si hanno buone probabilità che la guarigione avvenga spontaneamente, anche se la saldatura non sempre ripristina la corretta conformazione anatomica. Naturalmente per un periodo che può essere stimato in un mese il soggetto sarà mantenuto da solo nelle condizioni di doversi muovere il meno possibile. Perciò non dovrà essere avvicinato da alcuno e accudito al buio.

Se si vuole intervenire in altro modo, specialmente per le fratture del tarso, si rimanda a quanto descritto nei testi di ornitologia.

 

 

 

ALLOGGIAMENTO E ALIMENTAZIONE DURANTE IL PERIODO DI “RIPOSO”

(AUTUNNO/INVERNO)

 

 

Durante il periodo di inattività riproduttiva i canarini dovrebbero soggiornare in una voliera di almeno un metro di lunghezza, in modo che l’esercizio del volo li irrobustisca in vista delle fatiche della riproduzione, naturalmente maschi da sé e femmine da sé per evitare innamoramenti fra soggetti che non sono destinati a fare coppia. Ed anzi, a questo proposito sarebbe bene che le due voliere non fossero vicine o fossero fra loro schermate. Si vedrà che i maschi si rincorrono con insistenza, ma non c’è alcun pericolo di conseguenze dannose se i soggetti sono numerosi. C’è il vantaggio che, per accudirvi,  le voliere fanno risparmiare un bel po’ di tempo rispetto alle gabbie.

Se le voliere non ci sono, è consigliabile alloggiare i novelli  nelle gabbie in numero di 3-4 per evitare le zuffe frequenti e qualche volta dannose se sono in numero di due. Il problema si amplifica quando si tratta di maschi e tantopiù all’avvicinarsi del periodo degli amori, mentre in voliera i maschi possono essere tenuti più a lungo insieme, perché gli “antagonismi” non sono fissi. Li possiamo tranquillamente sistemare in numero di due per gabbia se si tratta di coppie stabili destinate alla riproduzione.  Naturalmente in febbraio-marzo le voliere si svuoteranno e ogni gabbia riceverà la coppia prescelta. Se l’abbinamento non è di gradimento della coppia e i litigi sono eccessivi, le soluzioni sono due: o si cambia l’abbinamento, o i due partners vengono tenuti separati con il divisorio finché non si sono affiatati.

L’alimentazione consisterà in scagliola da sola o addizionata a piccole percentuali dei cosiddetti “semi neri” (semi oleosi), preferibilmente Niger e Ravizzone rosso. Altri semi (canapa, avena, ecc.),  e tantopiù i cosiddetti semi “condizionatori”, sono del tutto inutili e qualche volta dannosi. Si possono anche fornire stabilmente sfarinati, quali farina di mais, pangrattato (assai meglio se tostato), fette biscottate macinate, pastoncini del commercio a basso tenore proteico, ecc. Pastoncini ad alto contenuto proteico in questo periodo sono controindicati. Le vitamine sono contenute a sufficienza nei semi, perciò ogni aggiunta è inutile. Sabbia silicea e osso di seppia devono essere sempre posti a disposizione, la prima per facilitare la digestione dei semi, il secondo come dispensatore di calcio.


 

 

 LA STAGIONE RIPRODUTTIVA

   

QUANDO COMINCIARE?

 

L'inverno sta giungendo al termine. L'aumento delle ore di luce ha stimolato la produzione degli ormoni della riproduzione. I maschi in voliera sono in progressiva eccitazione: si rincorrono e cantano con insistenza; è evidente che c'è qualcosa di nuovo. Anche le femmine sono in "agitazione"; qualcuna svolazza tenendo nel becco un pezzetto di carta strappata dal fondo gabbia, o qualcos'altro. E' giunto finalmente il momento tanto atteso: quello di dare l'avvio alla stagione riproduttiva. Quando cominciare? Nel Sud Italia, ovviamente, si comincia prima che nel Nord. Un tempo si diceva che era per San Giuseppe, il 19 di marzo, che si dovevano "maritare" le canarine. Una data sicura non si può indicarla; molto dipende anche dalle condizioni atmosferiche. Se il locale è riscaldato e si sono artificialmente aumentate le ore di luce (ad esempio con gli adatti apparecchi temporizzatori) si può cominciare anche fino ad un paio di mesi prima, così come usano fare alcuni per terminare prima di luglio, o, almeno, prima di agosto.

 

 

 

 

ALLESTISCI O PREDISPONI LA GABBIA

 

Le singole gabbie sono preparate, con l'osso di seppia, la sabbia silicea e con il nido posto in uno dei due angoli accanto al muro, od anche con due nidi, lasciando che la "titolare" abbia modo di scegliere. La posizione sarà più in alto possibile, ma lasciando verso l'alto lo spazio che consenta al canarino di sostare sul bordo dei nido con la testa alcuni centimetri al di sotto dei tetto della gabbia. In qualche punto si metterà il contenitore del materiale per la confezione dei nido (le filacce, o sfilacce). E' universalmente assodato che, in pratica, il materiale più adatto è quello costituito dalle cosiddette "sfilacce" di sola canapa o iuta, che si vendono in buste chiuse in tutte le uccellerie. Altri materiali sono a rischio. Ad alto rischio sono i fili sintetici, primo, perché tendenti ad avvolgersi alle zampine con l'esito di cancrena delle dita, secondo, perché in certi casi sono mescolati con fibre naturali e sfuggono all'osservazione.

 

IL FIDANZAMENTO E L'INCONTRO Di COPPIA

 

Se le femmine hanno soggiornato nelle voliere si trasferiranno nelle singole gabbie lasciandole da sole per alcuni giorni, perché si ambientino, ciò che è facile da accertare se portano qualche sfilaccia nel becco. A questo punto si mettono nelle gabbie i maschi prescelti e qualora i due partners mostrino di non andare d'accordo, spetta al buon senso, in funzione della violenza delle zuffe, mettere il divisorio alla gabbia (e doppi servizi), in modo che i due "predestinati" si conoscano meglio e, dopo qualche giorno, mostrino che l'accordo è avvenuto. In casi estremi converrà cambiare maschio e stare agli eventi. Se tutto, come di norma avviene, va per il meglio, la femmina inizia la costruzione dei nido, il maschio è pieno di attenzioni: le offre qualche sfilaccia, la imbecca, le sosta vicino; insomma, fa tutto ciò che compete ad un futuro bravo papà.

 

 

DEPOSIZIONE E COVA

 

lpotizzando il caso più comune di 4 uova deposte, una al giorno, il primo uovo sarà tolto (con l'opportuna delicatezza) e messo da parte, per esempio in una scatolina piena di semi (per essere sicuri che non si rompa) tenuta sopra la gabbia, e al suo posto si metterà un uovo finto (di plastica, reperibile in tutte le uccellerie) che rimarrà fino alla deposizione dei 4' uovo. Naturalmente anche il 2° e il 3° uovo verranno tolti giornalmente. A questo punto, al posto dell'uovo finto si aggiungeranno al quarto uovo i tre messi da parte; in tal modo si ha la sicurezza che i piccoli nasceranno tutti contemporaneamente e verranno accuditi tutti nella stessa maniera. Sarebbe un errore non seguire questo procedimento, perché, in genere, le canarine iniziano a covare fin dalla prima o seconda deposizione, per cui il quarto e talvolta anche il terzo nato, troppo più piccoli dei loro fratelli maggiori, hanno minori possibilità di sopravvivere. Chi, per un suo certo habitus mentís dicesse che è conveniente lasciar fare alla Natura, commetterebbe l'errore di non considerare che queste creature non stanno vivendo in Natura", ma in cattività, perciò in ben altre condizioni di rispetto a quelle che richiedono l'impegnativa ricerca di alimenti ricchi di proteine per la formazione delle uova, mentre nella gabbia tali alimenti sono a "portata di becco". Poiché la canarina, come tutti gli uccelli, depone nelle prime ore dei giorno, le suddette operazioni converrà farle al mattino. L'alimentazione durante la deposizione sarà ricca di proteine e tale ricomincerà alla nascita dei piccoli, che avviene dopo 13 giorni, ma anche dopo 14 e talvolta 15. Se, per qualche ragione, le uova sono state riscaldate meno dei dovuto o la temperatura dell'ambiente, al chiuso o all'aperto che sia, è stata alquanto bassa. Se si vuole accondiscendere al desiderio di accertare anticipatamente se le uova sono feconde, già al 4° ‑ 5° giorno si può fare l'operazione "speratura". Si tratta di guardarle per trasparenza contro una sorgente di luce ristretta (ottima una comune pila da tasca). Se appaiono uniformemente rosate tutto bene, altrimenti la fecondazione non è avvenuta. Alcuni, a questo punto con la certezza che le uova sono infeconde, le gettano via, allo scopo di favorire l'anticipazione della successiva deposizione. Altri più "sentimentali" ritengono questo procedimento "cinico", o "crudele", e aspettano il 15° giorno, tantopiù se non hanno fatto la speratura.

 

 

 

L'INFERTILITA'

 

Speratura o non speratura, se le uova risultano infeconde, nasce il problema di conoscerne la causa, non facile da individuare. Se si tratta della prima deposizione è probabile che l'insuccesso sia dovuto alla incompleta maturazione sessuale, specialmente dei maschio, confermata dalle uova feconde della successiva deposizione. La causa potrebbe essere dovuta al difettoso contatto delle due cloache (organi ove sboccano i condotti sessualí), in questo caso più facilmente per impedimenti femminili. La cloaca può essere sporca di feci, oppure, caso assai frequente nelle femmine con piume troppo sviluppate e lunghe, (ciò è la regola in alcune Razze), queste, durante la copula, non si divaricano a sufficienza per liberare la cloaca e permettere il regolare contatto con l'organo sessuale dei maschio, tantopiù se sono imbrattate di feci. E' evidente che, se l'ispezione dimostra la presenza di queste anomalie, non resta che tagliare via con le forbicine il sovrappiù di piumaggio, cosa di nessuna difficoltà. Ma, a dire il vero, questa ispezione andrebbe fatta all'inizio dei soggiorno della femmina, e poi dei maschio, nella gabbia da cova; ciò che fanno sempre gli allevatori delle Razze con abbondante piumaggio. "Meglio prevenire che curare".

L'insuccesso può essere dovuto alla presenza di germi che interferiscono con la regolare gametogenesi in soggetti cosiddetti "portatori sani". In tal caso, se proprio non vi è alcun sintomo apparente di malattia, si può pensare alla micopiasmosi e iniziare la cura con uno dei vari medicamenti efficaci (Tilosina, Baytril, ecc.). Naturalmente se vi sono sintomi di qualche malattia (respiratoria o intestinale) in atto, occorre procedere alle cure opportune; ma un soggetto in queste condizioni non avrebbe dovuto, come si usa dire, essere messo in cova! C'è un'etica anche per i canarini... Se trattasi di difetti fisiopatologici di spermatogenesi e ovogenesi, nessun intervento terapeutico è possibile e ... tantomeno la somministrazione di vitamine E! L'unico intervento che può risultare efficace è cambiare il partner, ciò che permette il più delle volte di accertare se la "colpa" è di lui o di lei.

 

LA SCHIUSA

 

Verso il 10° giorno di incubazione sii può cominciare a fornire il pastoncino (scelto fra i tanti che il commercio offre e pubblicizza, o "fatto in casa") che servirà per l'alimentazione dei piccoli, in modo che la coppia ci prenda confidenza; ma, se il pastoncino è normalmente appetibile, si può rimandare anche al momento della schiusa; la coppia saprà lei come fa re. A cominciare dalla mattina del 13° giorno si può ispezionare il nido per vedere se la schiusa è iniziata; ma, come già detto, questa può avvenire anche il giorno seguente e talvolta anche dopo due giorni. Qualche volta ci si accorge che la schiusa è avvenuta perché sul fondo della gabbia, lasciati cadere dalla femmina lontani dal nido, si vedono i mezzi gusci. Altre volte invece la madre li mangia. Se si vede che un neonato è ancora attaccato al suo mezzo guscio, dopo qualche ora conviene controllare se è riuscito a liberarsene, altrimenti, con le dovute cautele, bisogna intervenire, usando magari una pinzetta. A parte questo raro inconveniente, se le uova furono messe in cova tutte insieme, le nascite avvengono a poche ore l'una dall'altra, ma, se un uovo fu deposto il giorno dopo, il piccolo nascerà il giorno dopo e, se i fratelli maggiori sono numerosi, non sempre riuscirà a sopravvivere. Circa l'eventuale infausta presenza dell'acaro rosso, si farà riferimento a quanto detto al capitolo "acquisto".

 

DOPO LA SCHIUSA

 

Se tutto procede bene, all'ispezione più o meno giornaliera, da farsi preferibilmente quando la femmina è uscita dal nido spontaneamente, si vedranno i nidiacei crescere progressivamente di giorno in giorno, ma si guardi sempre anche sul fondo della gabbia, perché talvolta la femmina uscendo dal nido si trascina dietro un piccolino che teneva posato su una zampa, ciò che è abbastanza frequente se la femmina esce repentinamente sollecitata da Te che vuoi ispezionare il nido; se il piccolo caduto è ancora vivo lo si rimetterà al suo posto dove, nella maggioranza dei casi, ritornerà alla normalità. Al 7° ‑ 10° giorno si dovrà procedere all'inanellamento e, a questo proposito, non sarebbe male farsi insegnare da un esperto, recandosi nel suo allevamento quando lui anella i suoi, o invitandolo nel proprio. Avvicinandosi al 20° giorno si vedranno gli irrequieti nidiacei agitarsi, sostare sul bordo dei nido e far le prime prove di "volo sedentario"; sarà allora giunto il momento di mettere nella gabbia, dalla parte opposta, un altro nido e relative filacce, perché la femmina sta già preparandosi alla successiva deposizione e tutto il meccanismo ricomincerà come la volta        

precedente. Al momento che si mettono le nuove uova (in genere 4) sarà bene separare il maschio con i piccoli, mettendo il divisorio alla gabbia, o trasferendoli in un'altra. Il maschio continuerà ad imbeccarli regolarmente e, quando si vede che ormai mangiano da soli, il papà può essere rimesso con la femmina. Per quanto concerne l'alimentazione, l'ideale sarebbe somministrare fin dal giorno della schiusa, oltre al pastoncino, i capolini di Tarassaco (il cosiddetto “piscialletto" o "pisciacane") cogliendoli nel momento che mostrano una specie di pennellino bianco al loro apice; con le forbici se ne taglia metà un po' sotto questo "pennellino" in modo da mettere in evidenza i verdi semini interni e si fissa il mazzetto per i gambi all'interno della gabbia. A maggio, quando il Tarassaco ha finito il suo ciclo, si comincerà con altre due specie di Piantaggine, mettendo nella gabbia le spighe intere. A partire da alcuni giorni dopo la nascita, sarebbe anche conveniente mescolare al pastoncino i semi cotti (per esempio un misto di Niger e Ravizzone rosso, bolliti 20‑30 minuti, risciacquati e scolati) o i cosiddetti "semi germinati" da preparare con uno dei tanti procedimenti, più o meno personali, adottati dagli allevatori esperti. Quando i "novelli" si alimentano da soli si unirà al pastoncino un po' di scagliola (o uno dei tanti "misti" dei commercio) e la si aumenterà progressivamente fino ad arrivare allo svezzamento completo a base di sola scagliola ( o  misto") e pastoncino secco, più se possibile, continuando con la salutare piantaggine, finchè è reperibile (settembre). Se si intende metterli nelle voliere (ci riferiamo a quelle lunghe circa un metro), prima si metteranno separati da divisorio, per abituarli al nuovo ambiente e, dopo qualche giorno si toglierà il divisorio, perché sono ormai in grado di fare i lunghi voli consentiti dal nuovo spazio, senza rischi di shock. A cominciare da agosto ‑ settembre, a seconda della "data di nascita", inizia la"muta", cioè la sostituzione delle piume con quelle destinate a durare fino alla caduta dell'anno successivo. Le remiganti e le timoniere non cadono, perciò rimarranno quelle cosiddette “di nido" che cadranno l'anno successivo. Se c'è qualche timoniera rotta, questo è il momento migliore per toglierle. Al contrario di quanto si dice in giro, talvolta interessatamente da parte delle ditte, il canarino in muta non abbisogna di una dieta particolare, ma solo dei soliti semi ed eventualmente di un pastoncino a basso contenuto proteico (il cosiddetto "tipo da mantenimento"). Piuttosto si cerchi di non esporlo a sbalzi di temperatura, correnti d'aria, ecc. La muta dura un paio di mesi o un poco di più nelle Razze di grossa mole a grande piumaggio. In genere, in ottobre la muta si è completata.

I nostri modesti consigli finiscono qui, perché l'eventuale presentazione alle mostre esula dall'argomento che ci eravamo proposti.

 

 

Associazione Ornitologica Agrigentina