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IL CARDELLINO(Carduelis carduelis)

 

E’ opinione diffusa che coloro i quali nutrono un grande amore per gli animali siano stati favoriti dalla sorte, in quanto essa li avrebbe dotati di una sensibilità superiore alla media.Secondo il mio modesto parere questo concetto trova la sua massima espressione tra gli appassionati di ornitologia.Esseri talmente minuscoli da rasentare l’evanescenza, con un metabolismo rapidissimo, caratterizzati da un’estrema delicatezza, gli uccelli sono forse tra gli animali che maggiormente mettono alla prova la sensibilità e l’intuito di un allevatore. Persino i canarini, “temprati” da centinaia di anni in cattività, se non accuditi correttamente possono ammalarsi e morire in un arco di tempo sorprendentemente breve…Eppure, in un certo senso, potrebbe essere proprio questa una tra le ragioni dell’immenso fascino che gli uccelli sembrano esercitare agli occhi dell’uomo fino dalle epoche più remote. Riuscire a godere della bellezza e del canto melodioso di questi animali richiede, infatti, non poco impegno nonché il superamento di molteplici difficoltà. Ed è proprio a causa delle sfide in cui bisogna quotidianamente cimentarsi se si decide di allevarlo, che mi sono innamorato perdutamente di quello che uno scrittore illuminato ha definito “il principe dei carduelidi”.I magnifici colori della sua livrea, lo rendono il più “esotico” tra i nostrani. Il suo canto esprime una gamma di variazioni tale da aver dato origine ad una vera e propria cultura diffusa in molte regioni del nostro paese. Ma soprattutto questo splendido uccello possiede quella che personalmente definirei una forte e spiccata “personalità individuale”.Sono certo che qualcuno sorriderà leggendo queste mie affermazioni, eppure vi assicuro che mi sono cimentato nell’allevamento di diverse specie di uccelli, senza riscontrare quella marcata differenza tra individuo e individuo che pare essere una delle prerogative proprie del cardellino. Nella speranza di incuriosire coloro che non si sono ancora cimentati nel suo allevamento, ed al contempo di dare una mano a quelli che hanno da poco iniziato, vorrei abbozzare a grandi linee quella che potrebbe essere una piccolissima guida basata sulle mie personali esperienze.

 

ALLOGGI
La domanda che ci si sente porre più spesso è la seguente: meglio la gabbia o la voliera?Atteso che sicuramente la voliera semplifica la vita dell’allevatore e degli uccelli, bisogna considerare che non tutti possono disporre dello spazio necessario. Inoltre la gabbia in qualche modo consente all’allevatore un’interazione maggiore con gli uccelli, rendendo questi ultimi più confidenti e quindi più gratificanti per chi li alleva. In ogni caso bisogna tenere presente che il cardellino ha bisogno di un proprio spazio, sia perché trattasi di uccelli caratterizzati da uno spiccato senso della territorialità, ma anche perché pochi fattori esercitano un’influenza più nefasta sul suo benessere dello stress che origina dalle competizioni con i propri simili.Non a caso nel mio allevamento la mortalità tra i giovani durante la prima, fatidica muta si è ridotta drasticamente da quando, in assoluta controcorrente, decisi di fare mutare i novelli in gabbie singole. Il risultato fu che ottenni animali tranquilli ed in ottima salute, che superarono nella quasi totalità la muta senza problemi.Un altro punto che occorre tenere presente è che, per quanto i cardellini sopportino abbastanza bene le basse temperature, umidità elevata (>70%) e correnti d’aria espongono la sua salute a considerevoli rischi.Anche l’ubicazione dell’allevamento avrà, dunque, una notevole importanza. Per non rischiare di essere pedante, mi limiterò a sconsigliare l’esposizione a nord.Qualche ora di sole, per questi uccelli costituisce un vero toccasana.
ALIMENTAZIONE
In merito a questo particolare aspetto si sono spesi fiumi di parole. Ogni allevatore ha le sue strategie e le case produttrici letteralmente rivaleggiano nell’offerta di miscele e singoli semi dagli effetti ( perlomeno a loro dire) miracolosi.Sono spiacente di disattendere le speranze dei neofiti, ma per quanto mi riguarda, non credo che esista la miscela perfetta o il seme “della salute”.In natura i nostri uccelli si nutrono di preferenza sulle composite, effettuando delle variazioni stagionali per adattarsi all’offerta in natura.Sulla base di questo semplice ragionamento apparirebbe evidente come l’offerta di una miscela sempre uguale per tutto l’anno non rappresenti la soluzione ottimale.Alcuni anni fa era considerato corretto nutrire i cardellini perlopiù di scagliola con una piccola integrazione giornaliera di semi oleosi.Questo sistema si basava sul concetto che, in caso contrario, gli stessi si sarebbero comportati come dei bambini golosi, mangiando solo i semi più graditi a scapito della loro salute.Il tallone d’Achille di questa teoria era, a mio parere, che in natura nessuno impone loro una scelta e dunque a patto di fornire la giusta varietà di scelta il loro istinto avrebbe dovuto portarli ad autoregolarsi egregiamente.Determinato a verificare questa mia supposizione, iniziai a somministrare i semi in singoli contenitori, eliminando quelli che non sono disponibili in natura, come il niger.Sorprendentemente, dopo una comprensibile virata su semi quali il girasolino (gradevole ed appagante date le dimensioni…), i miei cardellini iniziarono a nutrirsi secondo una sorta di “ciclicità”.Ad un brusco abbassamento della temperatura, corrispondeva ad esempio l’aumentato consumo di un determinato seme.In poche settimane i cardellini erano tutti in ottima forma, e la seguente stagione riproduttiva si svolse nel migliore dei modi possibili.Attualmente il “nucleo” del mio sistema alimentare si compone di lattuga bianca, perilla, girasole piccolo, cicoria e lino della varietà gialla (durante la muta). Tutti ovviamente di ottima qualità e germinabili al 100%.Una buona integrazione vitaminica periodica, sali minerali e grit siliceo completano il quadro.In fase di preparazione alle cove e durante tutto il periodo della riproduzione questa dieta viene integrata con somministrazioni di semi germinati (perlopiù canapina lattuga cicoria e girasole piccolo), pastone fatto in casa con pangrattato ed uova, nonchè larve di insetti surgelate. Ovviamente la somministrazione dei germinati deve essere graduale, così come l’integrazione proteica operata mediante insetti e pastoncino all’uovo. Pertanto sarà buona norma iniziare verso la fine del mese di gennaio con una razione settimanale di questi alimenti per arrivare gradualmente ad una somministrazione giornaliera verso i primi di aprile.I semi germinati costituiscono una vera e propria “bomba energetica”, in più sono ricchi di vitamine ed assai appetiti dai cardellini. Le loro funzione è quella di sostituire i semi allo stato lattiginoso che si rendono largamente disponibili in natura durante il periodo riproduttivo e favoriscono dunque l’entrata in estro dei soggetti.Viceversa i semi cotti, di cui molti allevatori fanno uso, non costituiscono a mio avviso un alimento valido, giacchè risulteranno notevolmente impoveriti dal processo di cottura.Il loro impiego, tuttavia, può essere di qualche utilità nel caso di animali che presentino delle patologie di tipo enterico, dal momento che risultano assai più digeribili. Possono essere somministrati dopo bollitura di 10-15 minuti in acqua con l’aggiunta di camomilla oppure una punta di bicarbonato.
L’ACQUA
Al pari dei semi di cui si alimentano i nostri uccelli anche l’acqua svolge un ruolo importantissimo.E mia opinione personale che i beverini andrebbero puliti con cura quasi maniacale ed il loro contenuto rinnovato il più spesso possibile. Polveri, residui di cibo, deiezioni che finiscano accidentalmente negli abbeveratoi contribuiscono alla formazione nell’acqua di tutta una serie di microrganismi e sostanze in grado di compromettere seriamente la salute di un uccello, specie se debilitato da un particolare stato fisiologico (muta, cova, allevamento della prole, etc.).Oltretutto l’acqua rappresenta il supporto liquido attraverso il quale forniamo vitamine e medicamenti, i cui residui devono essere eliminati con la massima cura dagli abbeveratoi se vogliamo evitare che sortiscano effetti addirittura contrari a quelli auspicati.Molti allevatori usano solo acqua minerale. In linea di principio sarebbe anche corretto, nella pratica, tuttavia, risulta poco agevole ed anche economicamente rilevante. Specie se bisogna provvedere ai bisogni di molti uccelli. Il problema principale dell’acqua del rubinetto consiste nel suo contenuto di cloro, che può in alcuni casi ridurre l’attività di alcuni farmaci e di sicuro non giova alla salute. Per eliminare questo inconveniente basterà far evaporare il cloro in essa contenuto, imbottigliandola e lasciandola senza tappo per alcune ore, dopodichè potrà essere somministrata senza problemi. Personalmente limito l’uso di acqua minerale naturale a quei casi in cui devo sciogliervi dei medicamenti.Quando intendiamo somministrare delle medicine oppure un qualsiasi integratore, sarebbe buona abitudine togliere tutti i beverini la sera prima in modo che al mattino, appena rendiamo disponibile l’acqua “addizionata” gli uccelli siano assetati. In questo modo si precipiteranno a bere assumendo i principi attivi al massimo della loro efficienza.
RIPRODUZIONE
Benchè non proprio semplicissima, la riproduzione del cardellino in gabbia oggi risulta assai più agevole che negli anni passati. I progressi dell’industria mangimistica, unitamente alla maggiore disponibilità sul mercato di soggetti allevati in cattività, hanno reso senza dubbio molto meno arduo il lavoro degli allevatori.Personalmente non mi stancherò mai di insistere sulla necessità di utilizzare esclusivamente soggetti regolarmente inanellati e provenienti da allevamenti gestiti in modo corretto.Mi rendo conto che, specie in alcune regioni d’Italia, sia ancora molto più semplice ( ed economico!) procurarsi dei cardellini di cattura, ma in questo modo nella maggior parte dei casi i nostri tentativi di allevamento saranno destinati all’insuccesso.I soggetti prelevati in natura tendono ad ammalarsi con estrema facilità, mancando degli anticorpi e della resistenza ad alcune patologie che caratterizzano, invece, quegli animali che sono stati allevati dall’uomo per generazioni.Anche la prole eventualmente ottenuta da tali soggetti risulterà fortemente penalizzata sotto questo profilo.Per chi decide di cimentarsi nell’allevamento del cardellino, il mio consiglio è quello di iniziare con poche coppie di soggetti ancestrali, essendo i mutati più delicati (oltre che assai meno economici).L’ideale sarebbe acquistare i soggetti prima della muta, in modo che possano abituarsi all’ambiente in cui dovranno vivere. Qualora questo non sia possibile raccomando vivamente di rendere il cambio di ambiente quanto meno traumatico possibile per i nostri amici.Allo scopo sarà bene che la fase di acclimatamento avvenga in modo graduale. Evitare bruschi cambiamenti di alimentazione. Cercare di alloggiare i soggetti nel modo quanto più simile possibile a quello cui erano abituati, ma soprattutto fare in modo che vengano stressati il minimo indispensabile.Ove possibile consiglio di separare i maschi dalle femmine e di alloggiare i soggetti in gabbie singole, in modo da poterli “monitorare” uno ad uno.Personalmente uso tenere i singoli animali separati fino alla stagione delle cove. La formazione delle coppie in epoca precoce comporta il vantaggio di consentire un affiatamento graduale dei soggetti, ma favorisce anche l’instaurazione di un legame di coppia con cui dovremo fare i conti qualora decidessimo di cambiare il programma di accoppiamenti.Tenendo i maschi separati sarà nostra facoltà decidere di accoppiarli con la prima femmina che entrerà in estro, oppure di modificare le coppie in seguito a decessi o nuovi acquisti.Con l’arrivo della primavera ( oppure al raggiungimento delle 14.30 ore di luce per coloro che allevano all’interno) il canto forte e ripetuto dei maschi e l’irrequietezza delle femmine indicheranno che è tempo di formare le coppie. Un elemento significativo della volontà di nidificare da parte della femmina è costituito dal sistematico sfilacciamento dei fili di iuta che vengono letteralmente “cardati” fino a renderli simili alla stoppa.Solitamente bisognerebbe porre prima il maschio nella gabbia che s’intende usare per la riproduzione. In questo modo avrà la sensazione di aver attirato la femmina nel suo territorio, come accadrebbe in natura. Solo dopo qualche giorno mettereemo la femmina nella stessa gabbia divisa in due dalla griglia di separazione. Trascorso qualche giorno potremo provare a rimuovere la griglia lasciando la coppia con l’itera gabbia a disposizione. Contestualmente provvederemo anche ad “infrascare” un angolo della gabbia (possibilmente uno dei frontali) con piante di plastica o con dei rami di conifere (che però vanno rinnovati periodicamente), ottimi i rami degli alberi di Natale artificiali. Questo espediente garantisce alla coppia prima, ed alla femmina successivamente un minimo di privacy. Ovviamente nel caso di femmine particolarmente ansiose sarà possibile estendere la schermatura ad una superficie ancora maggiore. Al riparo dell’infrascatura verrà posto il portando. E’opportuno che i due vadano tenuti d’occhio, specie durante i primi giorni, allo scopo di assicurarsi che tutto proceda per il meglio. Un maschio troppo focoso potrebbe aggredire la femmina e costringerla in un angolo del gabbione, impedendole persino di nutrirsi e bere agevolmente. Qualche volta, invece potrebbe essere la cardellina a non gradire il compagno, rifiutandosi ostinatamente di accoppiarsi con lui. Qualora intendessimo accoppiare quei determinati soggetti sarà bene porre nuovamente il divisorio, nella speranza che qualche altro giorno di separazione dia modo ai soggetti di abituarsi l’uno all’altro.Trattandosi di uccelli molto competitivi e con uno spiccato senso della territorialità qualche piccolo litigio non deve preoccupare. Persino le coppie più affiatate non ne sono del tutto immuni, specie quando si somministrano alimenti particolarmente graditi (allo scopo sarà bene porre sempre almeno due recipienti ben lontani tra loro). Tuttavia se le liti dovessero perdurare degenerando in zuffe violente, sarà bene considerare la possibilità di cambiare i componenti della coppia.Nella maggior parte dei casi per fortuna, complice la spinta ormonale, maschio e femmina non tarderanno ad intendersi. Come per tutte le specie animali esistono tuttavia delle differenze tra individuo ed individuo; alcuni maschi tendono ad essere assai focosi ed aggressivi, mentre altri si rivelano particolarmente versati nelle sottili arti del corteggiamento, altri ancora sembrano del tutto indifferenti alla compagna salvo fecondare tutte le uova che questa deporrà.Generalmente sono i maschi più tranquilli a rivelarsi i genitori migliori, alimentando la femmina durante la cova ed i piccoli successivamente. In ogni caso conviene separare il maschio durante la cova e provare a riunirlo alla femmina solo quando i piccoli avranno raggiunto i 6-7 giorni d’età, per verificare le sue attitudini alle cure parentali.Un maschio che collabori attivamente all’allevamento della prole costituisce un duplice vantaggio: evita un superlavoro alla femmina e rende possibile una seconda nidificazione in tempi più brevi, dal momento che dall’involo dei novelli sarà quasi esclusivamente lui ad occuparsene. I giovani cardellini hanno uno sviluppo abbastanza rapido, ed abbandonano il nido verso i 15 giorni per rendersi indipendenti intorno al venticinquesimo giorno d’età. Separati dai genitori andranno immessi in una gabbia sufficientemente spaziosa, avendo cura di non mischiare tra loro soggetti di covate diverse, allo scopo di evitare liti e competizioni tra animali di età differenti. A causa del loro istinto che li porta ad esplorare tutto ciò che si trova a portata di…becco, non di rado i novelli tendono a spiumarsi tra loro. Questo inconveniente può essere evitato mettendo a disposizione degli sfilacci di iuta oppure delle spighe di panico, che distoglieranno quasi sempre i soggetti da questa molesta attività . Molto utili risultano anche le verdure ( foglie di cicoria e dente di leone) che con il loro contenuto di vitamine e minerali sono un vero toccasana.Ritengo inoltre molto importante abituare i cardellini fin da giovani ad un salutare bagno quasi quotidiano, che gioverà al loro benessere psicofisico e favorirà la muta del piumaggio.
MUTA
Una trattazione a parte merita il fenomeno della muta, che costituisce uno dei processi fisiologici più impegnativi per tutti gli uccelli e che per il cardellino in particolare può rappresentare un vero e proprio scoglio. In particolare la prima muta parziale dei novelli rappresenta un momento particolarmente delicato in grado creare non pochi problemi agli allevatori.A seconda dello stato di salute e delle condizioni ambientali i giovani intorno al secondo – terzo mese di vita effettuano la loro prima muta. In realtà, come accennato, si tratta di un fenomeno parziale che interessa solo le piume. In seguito a questo processo i novelli perdono la livrea infantile per assumere il variopinto aspetto proprio degli adulti.In questa fase della loro vita i giovani cardellini hanno bisogno di un ambiente salubre e tranquillo, nonchè di una dieta equilibrata, allo scopo di ridurre al minimo il rischio di patologie debilitanti che potrebbero complicare il normale decorso di questo delicato processo fisiologico.Personalmente consiglio, ove possibile, di tenere i soggetti in gabbie singole in modo da ridurre al minimo lo stress e poterli monitorare uno per uno. In caso contrario raccomando vivamente di porre i novelli in grandi gabbioni cercando di limitare ad un massimo di quattro il numero degli occupanti.Da un punto di vista alimentare bisogna tener presente che il fabbisogno proteico, in questo periodo, subisce un notevole incremento, per cui sarà buona norma integrare un paio di volte a settimana la loro dieta con i soliti alimenti ad elevato contenuto di proteine.Anche le vitamine dovranno essere somministrate regolarmente per tutta la durata della muta.Per evitare fenomeni di sovraccarico a livello epatico consiglio di non esagerare con i semi quali il girasole ed il niger e di fornire alimenti quali cicoria, carote ed anche pezzetti di zucca con cadenza bi settimanale.Dove possibile assicurarsi che i soggetti in muta vengano tutelati da sbalzi di temperatura e di umidità che potrebbero favorire l’insorgenza di coccidiosi con esito addirittura letale nei casi più gravi.Inutile sottolineare che frequenti abluzioni e qualche ora di sole al giorno andranno a tutto beneficio della salute dei giovani cardellini. Pur essendo sostanzialmente contrario all’impiego di farmaci, una blanda terapia anticoccidica, specie i concomitanza di brusche variazioni climatiche potrà essere di qualche giovamento, specie con i soggetti più delicati.In ogni caso è utile una scrupolosa pulizia delle gabbie ed una buona aerazione degli ambienti.Per ottenere una migliore colorazione dei soggetti, ( oltre alle già citate cicoria e carota ) può essere indicato fornire dei semi di cartamo preventivamente macinati in una linguetta (oppure aggiungerne ai semi da germinare in ragione di un 10% circa).Grazie a questi semplici accorgimenti la maggior parte dei nuovi nati dovrebbe superare indenne il primo vero ostacolo della loro giovane vita.
CONCLUSIONI
Rileggendo quanto ho scritto mi rendo conto che occorrerebbero fiumi d’inchiostro per trattare diffusamente un’ argomento tanto complesso come quello dell’allevamento dei cardellini. Tuttavia spero di aver dato un piccolissimo aiuto a coloro che si accingono a cimentarsi in questa esperienza.Mi permetto dunque di aggiungere un solo suggerimento: osservate i vostri animali. Imparare a valutare il loro stato di salute con una sola occhiata, arrivare alla soluzione dei problemi con il ragionamento e la sensibilità, sono le capacità che contraddistinguono un vero allevatore. Non esistono regole oggettive né verità assolute. Solo tentando e ritentando con determinazione e soprattutto con passione riusciremo a provare l’immensa gratificazione di assistere all’eterno miracolo della vita.